Ha finalmente visto la luce la sospirata riforma dell’art. 2407 c.c., nel quale è regolata la responsabilità dei sindaci, grazie anche all’intenso lavoro del Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti ed esperti contabili.
Il testo previgente era il seguente:
“I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura
dell’incarico; sono responsabili della verita’ delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui
fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
All’azione di responsabilita’ contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395.”
Con tale previsione, quindi, la responsabilità dei sindaci era identica a quella degli amministratori e non prevedeva alcuna limitazione di importo.
Ciò ha comportato, purtroppo, un automatismo nella individuazione della corresponsabilità dei sindaci con gli amministratori, molto spesso motivato, spiace dirlo, dalla circostanza che i sindaci dispongono di polizze assicurative, con maggiore certezza nella apprensione di somme a titolo di risarcimento.
Il nuovo testo è il seguente:
“I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata da collegio sindacale a norma dell’articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso.
All’azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395.
L’azione di responsabilità verso i sindaci si prescrive nel termine di cinque anni dal deposito della relazione di cui all’articolo 2429 relativa all’esercizio in cui si è verificato il danno.
Innanzitutto bisogna precisare che la novella non varia la situazione nel caso in cui i sindaci abbiano agito con dolo, e cioè abbiano agito con la consapevolezza di arrecare un danno alla società.
Nei casi in cui, invece, il comportamento dei sindaci sia colposo, con la nota fattispecie della culpa in vigilando, due sono le novità della nuova normativa, che variano completamente lo scenario:
L’introduzione del sistema dei multipli rende la disciplina italiana conforme a molte delle normative presenti in relazione agli organi di controllo nelle altre nazioni europee.
L’applicazione del sistema dei multipli consente una quantificazione certa e predeterminata del livello massimo di risarcimento, con conseguente eliminazione di quell’alea quantitativa che ha comportato molto spesso per i commercialisti, proprio e solo in conseguenza degli incarichi di collegio sindacale, un innalzamento, anche rimarchevole, dei costi per assicurazione.
La prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci va a conformarsi con la previsione della responsabilità del revisore, prevista dall’ultimo comma dell’art. 15 del D.Lgs. 39/2010, che stabilisce, appunto, che “l’azione di risarcimento nei confronti dei responsabili … si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attivita’ di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento”.
Era di difficile comprensione la ragione di un regime prescrizionale differente tra le due posizioni, alquanto vicine e spesso collegate, se si pensa alla circostanza che il giudizio sul bilancio espresso dall’organo di controllo, dipende dal (o quantomeno finisce per uniformarsi al) giudizio espresso dal revisore.
Assume rilevanza la considerazione che le limitazioni valgono anche nel caso in cui i sindaci svolgano non solo il proprio ruolo di organo di controllo di legalità, ma anche la funzione di revisore.
E’ altresì essenziale l’eliminazione, nella lettera della norma, della responsabilità solidale con gli amministratori, che aveva disseminato i tribunali della mala pianta dell’automatismo della corresponsabilità.
Anche la nuova norma presenta comunque delle criticità, sicuramente inferiori al pregio di disposizioni più chiare e rasserenanti.
La prima problematica è chiaramente quella inerente l’applicazione della nuova disciplina ai giudizi in corso. La disparità tra sindaci che, per la medesima circostanza, con la norma previgente rischiano di completare un processo con un risarcimento milionario e con la nuova norma rischiano un importo tutto sommato limitato è alquanto frustante.
La seconda problematica è la questione degli scaglioni dei multipli. Gli scaglioni dovrebbero funzionare infatti come le aliquote fiscali, per non giungere all’assurdo che, se gli importi fossero considerati in via assoluta, un sindaco che ha percepito un compenso di Euro 10.000 finisce per rischiare Euro 150.000 e cioè più di un sindaco che ha percepito un compenso di Euro 11.000, che rischia al massimo Euro 132.000.
La giurisprudenza potrà poi formarsi sulla espressione letterale “compensi percepiti”.
E’ purtroppo ricorrente l’ipotesi di società soprattutto in crisi, che non pagano i compensi agli organi di controllo: se quindi il compenso percepito è zero, anche l’importo massimo di risarcimento è zero?
Oppure i tribunali riferiranno l’importo del risarcimento al compenso stabilito dall’assemblea?
Anche sul termine prescrizionale potrebbero sorgere dei problemi, se ci si ferma alla lettera della legge. Infatti la prescrizione decorre dalla data di deposito della relazione annuale.
Ma se, in ipotesi, il collegio sindacale si dimette prima della predisposizione della relazione, magari proprio perché constata la presenza di rilevanti problematiche nella conduzione della società, la decorrenza del periodo quinquennale a quale data potrà fare riferimento? Un’ipotesi potrebbe essere quella della data in cui i sindaci hanno tenuto il comportamento commissivo o omissivo, che è individuato dal tribunale come colposo. Ma anche questa criticità verrà piano piano risolta dalle pronunce dei tribunali.
Articolo di Stefano Pizzutelli – Membro del Comitato scientifico di Revilaw srl e Membro della Commissione Nazionale Revisione Legale e Principi di Revisione del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.