RECENTI CHIARIMENTI
La rivalutazione disposta dal Dl 104/2020 sta suscitando un elevato interesse nella chiusura dei bilanci 2020. Il provvedimento presenta diversi aspetti di favore (tra cui in particolare la misura contenuta dell’imposta sostitutiva) che sono finalizzati a incentivare le società a far emergere nel bilancio i maggiori valori dei beni, rafforzando il patrimonio netto per far fronte alla crisi economica.
Uno degli asset più importanti, e non valorizzato in bilancio, di molte imprese del made in Italy è costituito dal marchio, bene immateriale per il quale, dal 2020, non è più consentito di usufruire del patent box.
La possibilità di rivalutare i marchi autoprodotti, per i quali non sono stati sostenuti costi di acquisto, aveva in passato sollevato dubbi interpretativi in relazione alla condizione, stabilita dalla norma, che i beni fossero iscritti in bilancio.
Per quanto riguarda il Marchio registrato e presente nel bilancio chiuso al 31/12/2019 e ancora giuridicamente tutelato al 31/12/2020, la rivalutazione del marchio è sempre possibile e può avere effetti fiscali/civilistici o solamente civilistici senza il pagamento dell’imposta sostitutiva.
Può essere effettuata:
Bilancio di rivalutazione (solari) | Decorrenza effetti fiscali generali (deduzione ammortamenti, plafond spese di manutenzione, società non operative, etc.) | Decorrenza effetti fiscali per plusvalenze e minusvalenze |
31 dicembre 2020 | Periodo di imposta 2021 | Periodo di imposta 2024 |
La rivalutazione comporta come contropartita l’iscrizione di una riserva di patrimonio netto da iscrivere nella voce A.III, al netto dell’imposta sostitutiva (3%) che deve essere designata con riferimento alla normativa istitutiva. Tale riserva è costituita in sospensione d’imposta, pertanto, se non affrancata, la sua distribuzione comporterà una tassazione in capo alla società.
Per poter affrancare la riserva di rivalutazione è necessario pagare anche l’imposta sostitutiva del 10%.
Le imposte sostitutive (3% e 10%) dovranno essere versate in un massimo di tre rate di pari importo:
Gli amministratori e il collegio sindacale devono indicare e motivare nelle loro relazioni:
In sede di formazione e approvazione del bilancio dell’esercizio in cui viene operata la rivalutazione(i.e. bilancio al 31 dicembre 2020):
Un tema a parte, merita la casistica dei marchi registrati al 31/12/2019, tutelati giuridicamente al 31/12/2020 ma non iscritti nell’attivo patrimoniale, perché spesati nel conto economico sebbene capitalizzabili.
Con specifico riferimento all’ambito oggettivo di applicazione della norma, l’Organismo italiano di contabilità – con il documento interpretativo n. 7, pubblicato il 31 marzo 2021 – ha reso i seguenti chiarimenti:
Infine con l’interpello 956-2846/2020 (reso noto il 29 aprile 2021 – Sole 24 ore del 30 aprile 2021), una società sottopone alle Entrate un quesito circa la possibilità di rivalutare, con riconoscimento fiscale, i marchi di cui essa dispone, aventi notorietà e importanza mondiale. L’istante afferma di non aver mai iscritto in bilancio alcun importo con riferimento a tali intangibili in quanto si tratta di marchi autoprodotti per i quali non sono stati sostenuti costi di acquisto. La società precisa, inoltre, che le spese di registrazione, rinnovo e tutela dei marchi, ancorché teoricamente capitalizzabili, sono state sempre imputate a conto economico. I marchi in questione, tuttora interamente tutelati in base alle normative applicabili, sono stati elencati nella nota integrativa e nella relazione sulla gestione.
La divisione contribuenti dell’agenzia delle Entrate conferma la possibilità di rivalutare i marchi della società, anche se nessun importo è mai stato iscritto all’attivo, richiamando al riguardo l’intervento interpretativo dell’Oic. L’Agenzia sottolinea che l’impianto normativo della rivalutazione (anche di quella con rilevanza fiscale) ha natura essenzialmente contabile-civilistica, come risulta anche dalla relazione ministeriale alla legge 126/2020. La possibilità di attribuire riconoscimento fiscale ai maggiori importi indicati in bilancio non è dunque subordinata alla ricorrenza di presupposti oggettivi autonomi, ma è legata, in presenza di una valida rivalutazione civilistica, a una scelta del contribuente e al versamento dell’imposta sostitutiva.
Non vi sono, prosegue la risposta delle Entrate, disposizioni specifiche in ambito fiscale che ostino alla possibilità di dare efficacia fiscale alla rivalutazione laddove questa sia stata legittimamente operata in ambito contabile. Conseguentemente, termina il documento di prassi, i marchi della società, citati nella nota integrativa e descritti nella relazione sulla gestione, possono costituire oggetto di rivalutazione, purché ancora tutelati giuridicamente alla chiusura dell’esercizio 2020, anche se i relativi costi, seppur capitalizzabili, sono stati imputati nel conto economico. Con tale recentissima risposta si chiude dunque il cerchio sulla possibilità, a legislazione vigente, di rivalutare i beni immateriali non iscritti, dopo che analoga interpretazione era stata fornita, nell’interpello 956- 343/2021, con riguardo al know-how (si veda «Il Sole 24 Ore» dell’11 aprile).
Per quanto tutto questo sia condivisibile a preoccupare è la frase finale dell’interpello 956-2846- 2020, nel quale la direzione centrale delle Entrate precisa che la risposta vale «in assenza di espresse disposizioni di segno contrario rilevanti ai fini fiscali».
In effetti, è da tempo che si ipotizza un intervento legislativo di modifica della norma sulla rivalutazione, i cui contorni, allo stato, sono ancora poco chiari.
Va premesso che non pare possibile discriminare i contribuenti tra quelli che hanno acquisito il marchio da terzi e quelli che lo hanno autoprodotto e neppure tra quelli che hanno capitalizzato gli oneri e quelli li hanno spesati. Si tratterebbe, infatti, di una norma che potrebbe essere considerata iniqua e, forse, illegittima. In effetti, potrebbe sostenersi che verrebbero trattate in maniera difforme situazioni uguali.
Ciò detto in termini generali, non è chiaro neppure con che tipo di norma si potrebbe intervenire: se con una disposizione innovativa che, per definizione, spiegherebbe effetti dalla data di entrata in vigore, ovvero con una disposizione di interpretazione autentica.
Bisogna, però, ricordare che l’articolo 1 dello Statuto del contribuente prevede che le norme di interpretazione autentica possano intervenire solo in «casi eccezionali».
Allo stato attuale, legislazione vigente, non ci sono controindicazioni nel rivalutare anche fiscalmente il marchio, tutelato giuridicamente al 31/12/2020, esistente al 31/12/2019 anche se non presente nell’attivo patrimoniale.
Si ritiene pertanto, anche in queste ipotesi non così rare, di accedere a questa norma prima che il legislatore, per sole ragioni di gettito, possa ostacolare i contribuenti ad usufruirne.