Nella maxi-circolare n. 14/2020 di Assonime vengono chiariti numerosi aspetti applicativi con specifico riferimento alla nuova disciplina di deduzione degli interessi passivi introdotta dal D.lgs. n.142 del 2018 di recepimento delle c.d. Direttive ATAD.
In particolare, viene evidenziato come dal punto di vista dell’ambito oggettivo il legislatore abbia superato il precedente assetto normativo che escludeva dal perimetro dell’art. 96 del TUIR alcune tipologie di interessi passivi con particolare riguardo agli interessi passivi relativi a debiti di natura commerciale nonché agli interessi passivi oggetto di capitalizzazione.
Al contempo, il decreto ha introdotto tre requisiti essenziali che gli interessi attivi e passivi devono possedere al fine di essere inclusi nell’ambito di applicazione dell’art. 96 e cioè:
a) sono qualificati come interessi (attivi o passivi) o come oneri o proventi assimilati dai principi contabili applicati dall’impresa;
b) la qualificazione contabile è confermata ai fini fiscali e
c) sono afferenti a rapporti o operazioni aventi causa finanziaria ovvero a rapporti contenenti una componente di finanziamento significativa.
Questo comporta delle conseguenze abbastanza rilevanti in materia di interessi da considerare ai fini dell’applicazione della disciplina. Ad esempio, rileveranno, in quanto inclusi nel calcolo degli interessi effettivi, i costi di transazione (per commissioni, servizi professionali, ecc.) che vengono “finanziarizzati” a seguito dell’applicazione del metodo del costo ammortizzato.
Tema dibattuto, invece, sul quale Assonime auspica possa essere fatta chiarezza, riguarda la rilevanza dei costi di transazione per tutti quei soggetti che non applicano il criterio del costo ammortizzato, ad esempio tutti coloro che redigono il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’articolo 2435-bis. Per tali soggetti i costi di transazione non rientrerebbero tra gli interessi passivi, tuttavia, la nuova versione dell’articolo 96 mette in dubbio tale affermazione prevedendo che assumano rilevanza non solo gli interessi passivi ma anche gli oneri ad essi assimilati. In passato anche l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 19/E del 2009 aveva affermato che fosse necessario dare un’interpretazione sostanziale agli oneri connessi alla raccolta, includendo dunque anche le commissioni e gli sconti passivi su finanziamenti. Per cui qualora un’impresa avesse contabilizzato separatamente tali oneri, non includendoli ovviamente negli interessi passivi, avrebbe potuto comunque farli rientrare nella disciplina dell’articolo 96. Non è chiaro, dunque, se tale possibilità persista per tutte le società che redigano il bilancio in forma abbreviata che decidano di non avvalersi del criterio del costo ammortizzato.
Arriviamo dunque alle due principali questioni interpretative relative all’applicazione del nuovo articolo 96, ossia la sussistenza o meno del requisito della qualificazione contabile come interesse in relazione alle componenti rilevate come day one profit/loss, a seguito dell’attualizzazione nonché in relazione a quelle iscritte a seguito della rinegoziazione con la controparte contrattuale di attività/passività rilevate in base al criterio del costo ammortizzato.
Per quanto concerne il primo aspetto, i principi contabili IAS/IFRS e i principi OIC prevedono che, qualora il tasso desumibile dalle condizioni contrattuali si discosti in modo significativo dal tasso di mercato (impatto superiore al 10%), si debba determinare il valore attuale dei flussi finanziari futuri in base a quest’ultimo tasso e applicare il metodo del costo ammortizzato partendo da tale valore. Ciò comporta l’iscrizione di un componente iniziale di day one profit/loss – pari alla differenza tra valore attuale dei flussi futuri al tasso di mercato e importo iniziale del finanziamento – che intende esprimere fin da subito il guadagno/perdita derivante dalla stipula del finanziamento a condizioni diverse rispetto a quelle di mercato. A fronte di tale componente iniziale verranno rilevati in futuro maggiori (o minori) interessi rispetto a quelli che sarebbero stati altrimenti evidenziati lungo l’intera durata del finanziamento.
In base alla vecchia formulazione dell’art. 96 sussisteva il dubbio se tali componenti dovessero essere inclusi tra gli interessi oppure dovessero rimanervi esclusi in quanto assimilabili a capital gain. La relazione illustrativa al decreto n.142/2018 ha invece espressamente considerato il day one profit come componente rilevante equiparandolo ad un interesse attivo.
Discorso diverso si pone invece per i day one loss. Per ragioni sistematiche si sarebbe indotti ad includere tali componenti tra gli interessi passivi rilevanti ai fini dell’art. 96. Tuttavia, anche qualora tali componenti soddisfacessero il requisito della qualificazione contabile, è dubbio se dal punto di vista fiscale questi vengano considerati alla stregua di interessi o come altri componenti. A tal riguardo infatti il d.m. n.48 del 2009 dispone che i differenziali negativi derivanti dalla prima iscrizione dei crediti ad un fair value inferiore al loro valore nominale (o al costo di acquisto) sono deducibili anche al di là dei limiti stabiliti dall’art. 106 del TUIR (che riguarda le svalutazioni dei crediti). Ora, per garantire una simmetria di trattamento tra day one profit e day one loss, occorrerebbe quindi assumere che il citato art. 2, pur disattivando i limiti di deduzione dell’art. 106 del TUIR, non si proponga di qualificare tali differenziali come svalutazioni crediti dal punto di vista fiscale, perché se così fosse è ovvio che non sarebbe possibile operare un ragionamento simmetrico per day one profit e day one loss. Anche a riguardo si auspicano chiarimenti in merito.
Per quanto consta il secondo argomento, ossia la sussistenza della qualificazione contabile come interessi dei componenti che emergono in sede di rinegoziazione, Assonime distingue due casi, ossia le modifiche che non comportano un impatto significativo sulle attività/passività tanto da non richiederne la cancellazione – c.d. modification without derecognition – e quelle che invece richiedono la cancellazione e una nuova iscrizione.
Per quanto riguarda il primo gruppo di modifiche Assonime ritiene logico se il debitore ottiene una rinegoziazione del finanziamento a suo favore assimilare il differenziale positivo imputato a conto economico ad un interesse attivo alla stregua del day one profit.
Nel secondo caso, invece, qualora la rinegoziazione comporti effetti significativi, l’attività/passività finanziaria preesistente si considera estinta e sostituita dalla nuova e la differenza tra il valore residuo della prima e il fair value della seconda andrà imputato a conto economico.
Tale differenza secondo Assonime può avere una duplice natura a seconda dei casi, in particolare:
Quanto ciò detto risulta valido anche per la parte creditrice, la quale nel caso di modification without recognition, iscriverà un componente assimilabile ad un interesse attivo o passivo. Mentre nel caso in cui l’attività originaria venga cancellata e iscritta a nuove condizioni, qualora la rinegoziazione avvenga a condizioni di mercato egli iscriverà una perdita su crediti (se il tasso applicato risulterà inferiore rispetto a quello originario) altrimenti rileverà un componente assimilabile al day one loss.