È a tutti noto come il Decreto Liquidità (DL 23/2020), recentemente convertito nella Legge 40/2020, ha introdotto importanti misure eccezionali in tema di limitazione alla consueta operatività degli artt. 2446 (c. 2 e 3), 2447, 2482-bis (c. 4, 5 e 6), 2482-ter e, di conseguenza, degli artt. 2484 n. 4 e 2545-duodecies del Codice Civile.
La dottrina si è lungamente interrogata circa il perimetro di operatività dell’art. 6 DL 23/2020, ovvero se queste norme eccezionali di salvaguardia potessero essere “spese” anche per sterilizzare gli effetti delle perdite emergenti dai bilanci 2019, di fatto non interessati dalle vicende pandemiche, o se esse valessero solo per le perdite che emergeranno dai bilanci 2020, bilanci questi che saranno fortemente influenzati dalle profonde ricadute negative che la pandemia Covid-19 ha prodotto sul sistema economico.
Una lettura alternativa – In dottrina si sta facendo strada una interpretazione della norma che non vede più una contrapposizione fra gli approcci sopra descritti, ma che si caratterizza per una sorta di “fusione” delle esigenze nascenti dalla presenza di perdite relative all’anno 2019 o da quelle relative all’anno 2020 o, sciaguratamente, ascrivibili ad entrambi gli esercizi sociali.
In effetti il passaggio “criptico” dell’art. 6 è il seguente: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (ndr 9 aprile 2020) e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entra la predetta data non si applicano gli articoli…”.
L’interrogativo di fondo è quindi relativo a cosa di debba intendere per fattispecie: il solo evento perdita o anche la necessità che dallo stesso ne deriva, ovvero l’obbligo di ricapitalizzare la società.
Se prevalesse la seconda chiave di lettura, ecco che il portato dell’art. 6 si modificherebbe radicalmente.
Secondo questo innovativo approccio, le protezioni previste dall’art. 6, che, come abbiamo avuto modo già di sottolineare, unitamente a quelle degli artt. 7 e 8 mirano a preservare le aziende che compongono il tessuto del nostro sistema economico, potrebbero essere reinterpretate nel senso che la norma, nel prevedere la temporanea sospensione, sino al 31 dicembre 2020, delle ordinarie previsioni codicistiche in materia di perdite rilevanti e di obblighi di copertura delle stesse, abbia voluto riferirsi a tutte le fattispecie che si vengono a verificare dal 9 aprile 2020 sino al 31 dicembre 2020, ricomprendendo quindi anche le situazioni di “obbligo di ricapitalizzazione” che si manifestano in questo arco temporale a fronte delle perdite 2019.
L’intento potrebbe quindi sembrare quello di “proteggere” non solo le società che si troveranno a registrare perdite nel 2020, e questa sarebbe la soluzione più “ovvia”, ma anche quelle che in presenza di perdite 2019, quindi astrattamente non legate al Covid-19, a causa della pandemia si dovessero trovare nell’impossibilità di mettere in campo le risorse finanziarie necessarie per adempiere agli obblighi di ricapitalizzazione come previsti dalle ordinarie norme del codice civile.
Indubbiamente quella sopra delineata rappresenta una chiave di lettura estremamente suggestiva che, se avallata, consentirebbe di gestire numerose situazioni problematiche che si stanno presentando nelle varie assemblee di bilancio di questa “campagna bilanci 2020”.
Purtroppo, per il momento, questa interpretazione, ce ne rendiamo conto, presenta profili di incertezza che non ci consentono di suggerirne l’adozione “a cuor leggero”.
A nostro parere, la validità del ragionamento sotteso, che in questa sede abbiamo voluto riassumere per sommi capi, ci conforta: certo, ben altro “conforto” sarebbe quello di una interpretazione ufficiale ad opera del ministero competente, anche se ci rendiamo conto che i tempi sono ormai strettissimi.