FNC: compiti e responsabilità degli amministratori senza delega

Pubblicato il: 04/05/2020 – 13:07

Il 30 aprile 2020 la Fondazione Nazionale dei Commercialisti è intervenuta con documento che cerca di fare chiarezza sui compiti e le responsabilità, secondo la normativa vigente e senza trascurare le future disposizioni del Codice della crisi, a carico degli amministratori ai quali non sono state attribuite deleghe e che quindi partecipano agli organi di amministrazione societaria quali semplici componenti del consiglio di amministrazione.

Il documento specifica come anche agli amministratori privi di deleghe l’ordinamento attualmente imponga un atteggiamento che risulti improntato a: trasparenza, informazione, iniziativa, intervento e attivazione. Per questa ragione, in armonia con il dettato codicistico ripercorre quelli che sono i principali doveri e compiti degli amministratori.

In materia di informazione gli amministratori privi di deleghe non hanno poteri informativi diretti, né poteri ispettivi presso la struttura. Questi ultimi possono ricevere informazioni in occasione delle riunioni del CdA ed è in tali riunioni che sono legittimati a richiedere ulteriori informazioni qualora ritengano insufficienti quelle ricevute.

Hanno poteri di intervento per mezzo dell’espressione dello strumento del voto. Inoltre, a dimostrazione dei poteri reattivi che l’ordinamento riconosce all’amministratore privo di deleghe, è prevista la possibilità di far constare il proprio dissenso rispetto alle deliberazioni assunte dal CdA, mediante annotazione nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del CdA.

Anche in caso di ricorso a consulenti esterni o esperti la responsabilità rimane sempre in capo al consiglio di amministrazione, e conseguentemente anche sugli amministratori privi di deleghe che dovranno porre particolare attenzione e vagliare criticamente la professionalità e l’effettiva indipendenza dei soggetti di cui ci si serva.

Per quanto attiene alla disciplina del conflitto di interessi (in linea di principio, si osserva che il legislatore ha rafforzato l’incisività degli obblighi di trasparenza e informazione sia sotto un profilo qualitativo che sotto un profilo quantitativo, sancendone l’operatività anche quando l’operazione coinvolge un interesse degli amministratori (non essendo a tal fine più rilevante la sussistenza di un conflitto) anche gli amministratori privi di deleghe sono tenuti a comunicare, nell’ottica di garantire la massima trasparenza possibile, l’esistenza di un interesse nel compiere una determinata operazione. In particolare gli amministratori privi di deleghe sono tenuti:

  • quali amministratori interessati, ad adempiere a un obbligo di informativa nel rispetto delle regole di trasparenza, fornendo notizia a ciascun amministratore e al collegio sindacale;
  • quali componenti del CdA, a contribuire all’adempimento dell’obbligo di adeguata motivazione circa le ragioni e la convenienza dell’operazione per la società, laddove il CdA intenda comunque deliberarla;
  • in tutti i casi, a non utilizzare a vantaggio proprio o di terzi, dati, notizie o opportunità di affari apprese durante lo svolgimento del proprio incarico.

Parzialmente differente a riguardo è la disciplina per le s.r.l. per le quali la norma distingue tra interesse e conflitto di interesse, obbligando gli amministratori all’informativa solo qualora sussista un conflitto tra il proprio interesse e quello della società, contrariamente a quanto invece accade per le s.p.a. dove l’obbligo di informativa è invece generalizzato.

Come precisato all’interno del documento della Fondazione la responsabilità per gli amministratori non può essere una responsabilità oggettiva derivante da una generica condotta omissiva, ma deve necessariamente ricollegarsi a comprovati inadempimenti degli obblighi al cui rispetto son tenuti.

Gli amministratori privi di deleghe, ai fini della circoscrizione della propria responsabilità, devono:

  • agire in modo informato, come disposto dall’art. 2381, sesto comma. c.c., esercitando tutte le prerogative che siano correlate all’adempimento di tale dovere, valutando l’adeguatezza delle informazioni ricevute e, ove non le ritengano adeguate, richiedendo informazioni relative alla gestione della società agli organi delegati.
  • intervenire, come previsto dall’art. 2392, secondo comma, c.c., assumendo un atteggiamento proattivo, per impedire il compimento di fatti pregiudizievoli o attenuarne le conseguenze dannose, quando ne siano a conoscenza.
  • annotare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del CdA e dare immediata notizia per iscritto di tale dissenso al presidente del collegio sindacale, come stabilito dall’art. 2392, terzo comma, c.c.

Precisato il quadro normativo di riferimento, con riguardo alle competenze del CdA e in relazione ai poteri – e corrispondenti doveri – che ricadono sugli amministratori privi di deleghe, occorre richiamare l’attenzione sul generale obbligo di agire in modo informato previsto dall’art. 2381, sesto comma, c.c. oggi applicabile anche nei CdA delle s.r.l.1. In questa prospettiva, la responsabilità degli amministratori privi di delega emerge se gli assetti non consentano un adeguato flusso di informazioni e dunque rispetto alle modalità con cui tali assetti sono stati predisposti e utilizzati.

Sembrerebbe, pertanto, che l’organo, nell’espletamento della propria attività di supervisione e valutazione, così come individuate dagli artt. 2086, secondo comma, primo periodo, c.c. e 2381, terzo comma, c.c. possa:

  • sin dalla fase istitutiva, impartire direttive;
  • valutare la correttezza delle procedure che consentono adeguati flussi informativi dai delegati al CdA;
  • valutare se la struttura organizzativa aziendale complessivamente intesa sia idonea rispetto alle esigenze che si intende perseguire;
  • valutare se la struttura organizzativa aziendale sia stata predisposta in modo coerente e proporzionale alla realtà aziendale;
  • valutare che la struttura organizzativa sia predisposta in modo da intercettare e rilevare segnali di discontinuità ovvero indizi di crisi2;
  • quando CdA della holding, nelle realtà di gruppo, effettuare una valutazione complessiva della struttura organizzativa del gruppo che tenga in considerazione i fattori sopra elencati e una valutazione dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile delle società controllate con rilevanza strategica;
  • quando CdA di società eterodiretta, nelle realtà di gruppo, valutare l’adeguatezza degli assetti in relazione alla natura e alla dimensione del gruppo di cui la stessa società fa parte e l’efficienza dei protocolli informativi verso la holding.

Per quanto concerne la valutazione di assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, la responsabilità degli amministratori privi di delega sussiste qualora si provi il nesso di causalità tra inadeguatezza e danno subito e gli stessi non si siano attivati, in ossequio ai precetti di cui all’art. 2381, sesto comma, c.c., con richieste di informazioni e di dati aggiuntivi per far sì che, a seguito della implementazione delle procedure esistenti da parte dei delegati, l’adeguatezza venga garantita o ripristinata nonché non si siano attivati senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale3.

In questo quadro appare evidente che le funzioni dell’amministratore senza deleghe, in assenza di specifici requisiti di professionalità previsti dalla legge – nella normativa di riferimento, infatti, non ve ne sono – e fatti salvi ancora i casi in cui sia lo statuto societario a prevederli, richiedano comunque una conoscenza adeguata delle attività svolte nello specifico dalla società e, più in generale, un’adeguata professionalità funzionale al corretto svolgimento dell’incarico.

Seppur chiamato a compiti non esecutivi, come genericamente si definiscono quelli dell’amministratore senza deleghe, egli deve necessariamente conoscere in maniera adeguata la normativa che sovraintende al rito societario dell’impresa collettiva, non potendo esimersi dall’applicazione puntuale della medesima per il rispetto del già citato principio di legalità, interesse primario del mercato e della società civile ed altresì, e non ultimo, con lo scopo di qualificare come soggettiva la propria responsabilità – in quanto derivazione diretta del proprio operato – piuttosto che oggettiva – per il solo fatto di ricoprire un ruolo cui la legge necessariamente attribuisce doveri e responsabilità.

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1Come messo in evidenza nel testo, l’art. 2475 c.c., a seguito delle modifiche apportate dal Codice della crisi, è stato integrato di un ulteriore comma in forza del quale “Si applica, in quanto compatibile, l’art. 2381”.
2Come messo in evidenza dal CNDCEC, una volta che le restanti disposizioni del Codice della crisi sull’allerta degli organi di controllo e del revisore legale saranno entrate in vigore, si tratterà di istituire un adeguato assetto organizzativo che consenta un frequente calcolo di indicatori di crisi. CNDCEC, Crisi d’impresa. Gli indici di allerta, par. 6.2., 29 ottobre 2019.
3Si tratta delle previsioni di cui al secondo comma dell’art. 2086 c.c.

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