Con il caso 5/2020 Assonime è intervenuta cercando di fare chiarezza su come la pandemia da Covid-19 potrebbe eventualmente riverberarsi sui bilanci 2019.
Innanzitutto il fenomeno rientra tra quei fatti che possono considerarsi avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio, in quanto al 31/12/2019 esso non rappresentava ancora una pandemia di portata globale ma il suo raggio d’azione era ancora fortemente limitato a pochi casi locali in una provincia cinese.
Fatta questa necessaria premessa, per quanto riguarda i soggetti che redigono il bilancio secondo i principi contabili internazionali, l’articolo da considerare in relazione agli eventi intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio è lo IAS 10 sui “fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento” mentre per chi si muove all’interno delle regole del codice civile, l’art. 2427, comma 1, n. 22 quater, c.c. sulle informazioni da rendere nella nota integrativa in merito ai fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio e il connesso principio contabile OIC 29.
Secondo quanto postulato dai principi contabili internazionali esistono due categorie di eventi:
a) quelli che forniscono evidenze di situazioni esistenti alla data di riferimento del bilancio e impongono una rettifica dei conti;
b) quelli che sono indicativi di situazioni sorte dopo la data di riferimento del bilancio e non comportano una rettifica dei conti.
Qualora questi ultimi siano rilevanti, seppur intervenuti dopo la chiusura del bilancio e non imponendo una rettifica dei conti, poiché la mancata informativa potrebbe influenzare le decisioni degli utilizzatori del bilancio, sussiste un obbligo di fornire informativa in nota integrativa.
Non di molto differiscono i principi nazionali secondo i quali sono invece previste tre categorie di eventi:
a) fatti positivi e/o negativi che evidenziano condizioni già esistenti alla data di riferimento del bilancio e che richiedono modifiche ai valori delle attività e delle passività in bilancio, in conformità al postulato della competenza;
b) I fatti che non richiedono variazione dei valori di bilancio, in quanto di competenza dell’esercizio successivo;
c) I fatti che possono far venir meno la continuità aziendale.
In entrambi i contesti il principio sotteso che discrimina le categorie considerate è sempre e comunque quello della competenza. Non rileva il momento in cui fatti diventano noti ma la circostanza che essi fossero già esistenti alla data di chiusura dell’esercizio, poiché in questo caso, seppur noti successivamente, rientrano tra gli eventi che impongono una modifica dei valori esistenti in bilancio.
La pandemia, precisa l’Associazione, rappresenta un evento intervenuto successivamente, non in essere alla data di fine esercizio, e come tale non impone alcuna rettifica sui valori presenti in bilancio1 ma del quale bisognerà dare adeguata informativa in Nota integrativa.
Il tema, come sottolineato dalla Associazione delle società quotate, riguarda quindi quali informazioni debbano essere riportate in Nota tanto dal punto di vista qualitativo quanto dal punto di vista quantitativo.
Al riguardo, considerato il generale clima di incertezza e di imprevedibilità in cui tutti si trovano ad operare, risulta difficile ipotizzare che le società siano in grado di stimare gli effetti quantitativi sulla base di assunti ragionevolmente sostenibili come riconosciuto dalla stessa autorità di vigilanza europea, nella Raccomandazione dell’11 marzo 2020, la quale sottolinea che l’informativa deve essere fornita “per quanto possibile”.
Ragionevolmente, quindi, le informazioni da riportare in Nota avranno perlopiù carattere qualitativo e varieranno a seconda del momento di redazione del bilancio e della capacità della società di avere in piedi sistemi di previsione che permettano di stimare in maniera abbastanza puntuale gli impatti economici.
Impatto sul postulato della continuità – I principi contabili internazionali, in particolare lo IAS 1, dispone che un’entità debba redigere il bilancio nella prospettiva della continuazione dell’attività, a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l’entità o interromperne l’attività, o non abbia alternative realistiche a ciò, considerando le informazioni disponibili in un arco temporale di 12 mesi dalla chiusura dell’esercizio e acquisite fino alla data di approvazione del progetto di bilancio. Per questa ragione l’impatto della pandemia sui risultati economici e finanziari potrebbe essere tale da mettere in discussione il postulato della continuità e come conseguenza anche i principi adottati nella valutazione delle poste di bilancio.
Essendo una valutazione abbastanza difficile da portare a termine, Assonime ritiene che possa applicarsi anche alle società che adottano i principi contabili internazionali, nonostante sia stata una norma espressamente prevista per le società che redigono il bilancio secondo Oic, la disposizione speciale contenuta all’art. 7 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
Infatti per gli Oic-adopter l’OIC 11 ha precisato che, “nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio”. Qualora siano identificate delle incertezze in merito a tale capacità, nella nota integrativa dovranno essere chiaramente fornite le informazioni relative ai fattori di rischio, alle assunzioni effettuate e alle incertezze identificate, nonché ai piani aziendali futuri per far fronte a tali rischi ed incertezze.
Vista l’evidente difficoltà nell’effettuare stime di tale tipo, l’art. 7 del decreto legge 8 aprile 2020 n. 23 al comma 1 ha previsto, per i bilanci in corso al 31 dicembre 2020, che la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell’attività di cui all’articolo 2423-bis, comma primo, n. 1), del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020”, mentre al comma 2 ha previsto che questa stessa valutazione si applichi anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati.
La formulazione poco chiara del comma 2 ha generato non poche confusioni, considerato che risulta abbastanza difficile comprendere come sia possibile applicare il modello operativo del primo comma anche al secondo comma.
La dottrina si è divisa tra chi ritiene che il rimando operato dal secondo comma debba essere letto nel senso che la continuità aziendale per i bilanci chiusi al 31 dicembre 2019 dovrebbe essere valutata secondo le condizioni esistenti alla data di chiusura dell’esercizio al 31 dicembre 2018, sebbene a mio avviso in questo modo si farebbe riferimento a delle condizioni troppo remote per poter essere considerate rappresentative, e tra chi invece ritiene che la valutazione della continuità per i bilanci chiusi prima del 23 febbraio 2020, e quindi per i soggetti con esercizio solare per quelli chiusi al 31 dicembre 2019 debba essere effettuata secondo i criteri esistenti al 31 dicembre 2019, sulla base delle informazioni note fino al 23 febbraio 2020.
Da questo punto di vista Assonime auspica che arrivino dei chiarimenti ufficiali da parte dell’autorità nazionale in merito. In ogni caso, deve essere fornita in Nota sufficiente informativa che permetta di comprendere i criteri e le supposizioni utilizzate.
Impairment test – Per quanto riguarda l’impairment e la valutazione delle immobilizzazioni, invece, lo IAS 36 attribuisce rilievo al concetto di valore recuperabile rappresentato dal maggiore tra il valore di mercato e il valore d’uso. A riguardo proprio la Consob ha specificato che “l’attuale contesto di incertezza può assumere rilievo per le valutazioni delle attività (cd. impairment test), in particolare nei casi di utilizzo del c.d. value in use quale base per la stima del valore recuperabile” in quanto “le proiezioni dei flussi finanziari utilizzate per la determinazione del valore recuperabile devono essere basate sul più recente budget/piano approvato dalla direzione aziendale nonché su presupposti ragionevoli e dimostrabili in grado di rappresentare la migliore stima delle condizioni economiche future, attese lungo la durata della vita utile delle attività, dando maggior peso alle evidenze provenienti dall’esterno. In particolare, considerata l’attuale situazione di incertezza, gli amministratori dovranno prestare particolare attenzione nel fornire informazioni dettagliate sugli assunti di base utilizzati per la proiezione dei flussi di cassa”.
Assonime evidenzia come tale affermazione potrebbe risultare abbastanza contrastante con quanto sopra riportato dalla stessa Consob circa l’irrilevanza della pandemia ai fini della valutazione quantitativa delle attività e delle passività in bilancio al 31 dicembre, per questa ragione essa deve essere interpretata nel senso che sia necessario considerare il budget esistente al 31 dicembre 2019 e non a quello eventualmente disponibile in data successiva ma prima della redazione definitiva del bilancio.
Analoghe considerazioni sono ripercorribili per tutte quelle attività la cui valutazione avviene sulla base di stime prospettiche quali la valutazione della ricuperabilità delle imposte anticipate, la valutazione degli stock di magazzino e la valutazione dei fair value degli strumenti derivati.
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1Confermato anche dalla Consob nel Richiamo d’Attenzione n.20/20 del 9 Aprile 2020, secondo cui “l’epidemia da COVID-19 può essere considerata per la maggior parte come un evento sorto dopo la data di chiusura dell’esercizio e, in quanto tale, in conformità allo IAS 10, i correlati effetti non dovrebbero comportare rettifiche agli importi rilevati nel bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019”.
2Consob, Richiamo di attenzione n. 20/20 del 9 aprile 2020
Per informazioni scrivere a info@revilaw.it
Pubblicato il: 2020-04-28 17:12:29