Continuità Aziendale – Prima parte
Il Decreto Liquidità, come ampiamente noto, ha trovato la propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale nr. 94 dello scorso 8 aprile (DL 23/2020).
Nella prima parte del presente contributo, vogliamo concentrare la nostra attenzione sull’articolo 7 (disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio), e sull’articolo 6 (disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale sociale) rinviando ad una seconda parte l’esame dell’articolo 8 (disposizioni temporanee in materia di finanziamenti alle società).
L’aver evidenziato la parola “temporanee” è una scelta non dettata da pedanteria, quanto dalla volontà di contestualizzare le norme eccezionali nel periodo eccezionale che stiamo vivendo.
L’attualità dell’argomento è testimoniato anche dal documento pubblicato ieri, 20 aprile 2020, dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC).
Continuità Aziendale (art. 7)
La norma: 1. Nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell’attività di cui all’art. 2423-bis, comma primo, n. 1), del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistere nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, fatta salva la previsione di cui all’art. 106 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18. Il criterio di valutazione è specificatamente illustrato nella nota integrativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati.
Il commento: Il postulato di bilancio relativo alla continuità aziendale (OIC 11 par. 15 lett. b) è uno dei fondamenti delle valutazioni che vengono recepite nei bilanci d’esercizio. La continuità aziendale è definita in modo estremamente chiaro dai paragrafi da 21 a 24 del principio contabile sopra richiamato.
L’Azienda è una entità viva! Essa costituisce un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito. È di tutta evidenza che la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.
L’eccezionalità del momento storico che stiamo vivendo, i cui strascichi riverbereranno anche nei prossimi mesi, rischia di mettere in serio dubbio quanto previsto dall’OIC 11.
La norma ha voluto quindi preservare dal rischio di sprofondare nel baratro di una crisi “pandemica” le sole aziende che alla data del 23 febbraio 2020 si potevano considerare sane (quindi per le quali in condizioni normali MAI si sarebbero posti problemi di continuità). Nelle prossime settimane/mesi, grazie anche alla proroga generalizzata prevista dall’art. 106 del D.L. 18/2020, le assemblee saranno chiamate ad esprimere il loro voto con riferimento ai bilanci 2019 per i quali, astrattamente, potrebbero non essere presenti i presupposti della continuità aziendale riferita ai successivi 12 mesi: il 2020 sarà un anno horribilis per tutti (o quasi) e senza una norma ad hoc i criteri di valutazione delle poste del bilancio 2019 avrebbero dovuto tenere conto delle mutate prospettive e quindi, nella maggior parte dei casi, si sarebbero dovuti adottare criteri di liquidazione.
Il dettato normativo non è “azzeccatissimo” dal punto di vista letterale: sembra dettare le regole per il bilancio 2020, quindi da applicare fra un anno, mentre l’emergenza è attuale, visto che dobbiamo approvare i bilanci 2019 e la continuità va valutata (oggi) rispetto ai prossimi 12 mesi.
La soluzione, rocambolesca, infatti sarà quella di “aggrapparci” con tutte le forze al dettato normativo in commento che recita: “Il criterio di valutazione è specificatamente illustrato nella nota integrativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente”. Quindi, per il bilancio 2019, la continuità verrà sostenuta riferendosi a quanto argomentato in occasione della redazione del bilancio 2018, ed il bilancio 2020 verrà redatto secondo i criteri di valutazione che presuppongono la continuità aziendale proprio grazie al richiamo alla permanenza della continuità aziendale stessa posta alla base del bilancio 2019 (che si fondava sulla continuità posta alla base del bilancio 2018!).
Ovviamente fictio iuris regge se, e solo se, alla data del 23 febbraio 2020 la società di cui stiamo argomentando non mostrava, di suo ed in condizioni di normalità ambientale, alcun indicatore che portasse a pensare che la continuità aziendale fosse compromessa (a prescindere dallo tsunami COVID-19).
Ci rendiamo conto che è una costruzione logica tutt’altro che agevole: ma il dettato normativo, che non brilla per correttezza terminologica e per chiarezza espositiva, non ci autorizza a fare altro!
Di tutto quanto sopra espresso deve essere data ampia e circostanziata evidenza nella nota integrativa. Bene sarà dare, ad esempio, circostanziato rilievo ad indicatori che avvalorino la situazione di “astratta continuità” alla data del 23 febbraio 2020, magari includendo in nota integrativa il richiamo ad indici di bilancio “universalmente condivisi” quali indicatori di equilibrio, ad esempio indici di composizione dello Stato Patrimoniale che rappresentino la corretta struttura dell’attivo di bilancio (impieghi) rispetto alla composizione del passivo dello stesso (fonti), nella più cristallina applicazione del principio di “concordanza delle scadenze” che tutti noi abbiamo appreso nelle prime lezioni di ragioneria generale.
Riduzione del capitale (art. 6)
La norma: 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (ndr 9 aprile 2020) e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entra la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento delle società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile.
Il commento: Più volte nelle pagine del quotidiano ci siamo riferiti all’eccezionalità delle norme che l’Esecutivo ha varato in queste settimane per cercare di fronteggiare, con esiti più o meno positivi, l’eccezionalità della situazione. Indubbiamente l’articolo in commento si inserisce in questo “filone”.
Tralasciando l’analisi specifica dei singoli articoli del codice civile, che ipotizziamo essere diventati tristemente noti nel decennio di crisi appena trascorso, vorremmo focalizzarci su ciò che siamo esentati dal fare.
In primis dobbiamo sgombrare subito il campo da possibili fraintendimenti: la norma NON interessa le perdite che dovessero scaturire da bilanci aventi data di riferimento/chiusura NON ricompresa nel periodo 9 aprile – 31 dicembre 2020, pertanto se il bilancio 2019 dovesse chiudere con una perdita di entità rilevante, e quindi normata dagli articoli del codice civile sopra richiamati, l’articolo 6 del DL 23/2020 non modifica minimamente le condotte che gli organi amministrativi, gli organi di controllo e le assemblee dei soci dovranno adottare.
L’esonero dalla necessità di convocare l’assemblea (senza indugio) per l’adozione degli opportuni provvedimenti, dalla redazione della relazione sulla situazione patrimoniale della società, dal deposito della stessa presso la sede sociale e dalla necessità di relazionale all’assemblea circa gli eventi di rilievo accaduti dopo la redazione della relazione, si riferisce alle sole perdite che si andranno ad evidenziare nei bilancio chiusi con riferimento ad una qualsiasi data ricompresa fra il 9 aprile ed il 31 dicembre 2020.
Di conseguenza, nessun obbligo di riduzione del capitale sociale né con riferimento alle ipotesi di cui all’art. 2446 (perdita di oltre un terzo non riassorbita entro l’esercizio successivo) né a quelle di cui all’art. 2447 (perdita di oltre un terzo che comporta la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale).
Ne discende che, come è logico che sia da un punto di vista sistematico dell’impianto normativo, rimane sospesa anche l’ipotesi di scioglimento prevista dall’art. 2484 c. 1 punto 4) del codice civile: riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale.