Nelle imprese cooperative, il capitale sociale e le norme che lo governano sono parzialmente sottratti alla disciplina prevista per le società di capitali propriamente dette. Innanzitutto, in riferimento alla consistenza minima del capitale, non trovano applicazione i limiti imposti per SRL e SPA, dovendosi rispettare i soli limiti minimi e massimi dettati dall’articolo 2525 del codice civile per quote e azioni, oltre a un dovere generale di conservazione del patrimonio netto entro valori positivi, ricorrendo in caso contrario una causa di scioglimento obbligatoria ai sensi dell’articolo 2545-duodecies del codice civile. L’assenza di previsioni sul capitale minimo fa il pari con la variabilità del suo ammontare, assunta dall’articolo 2511 del codice civile come elemento tipico dello strumento cooperativo, al pari dello scopo mutualistico.
In conseguenza delle variabilità del capitale, la cui consistenza non trova rappresentazione nel contratto sociale, le relative vicende modificative non comportano alcun obbligo di pubblicità legale, derivandone che, al netto delle informazioni pubblicate in sede di bilancio, per rilevare il valore del capitale sociale sottoscritto e versato si rende necessario consultare il libro soci della cooperativa, comunque non oggetto di pubblicazione.
Anche sul piano della competenza a deliberare, gli aumenti e le riduzioni reali di capitale sociale, derivanti da nuove ammissioni o da interruzioni di rapporti sociali a seguito di esclusione, recesso o morte di soci, conseguono a decisioni assunte dall’organo amministrativo in sede collegiale e non richiedono modifiche statutarie in assemblea straordinaria.
L’aumento di capitale a pagamento – La questione in parte si complica in caso di aumento di capitale a pagamento sottoscritto da soci preesistenti, stante il richiamo dell’articolo 2524 del codice civile alle “forme previste dagli articoli 2438 e seguenti”. In tali circostanze, ove la cooperativa assuma la veste di soggetto proponente, potrebbe trovare applicazione il terzo comma del citato articolo 2524, con conseguente necessario riconoscimento del diritto di opzione in capo ai vecchi soci e con obbligo di intervento del notaio secondo le formalità previste per SRL e SPA. Diversamente, nel caso in cui la cooperativa agisca come soggetto accettante rispetto a una proposta di ulteriore conferimento avanzata dal socio, vi sarebbe una piena competenza a deliberare da parte dell’organo amministrativo, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 2528 per l’ammissione di nuovi soci.
In ogni caso, come affermato dalla Suprema corte con sentenza n. 654 del 1994, non può che ritenersi nulla una eventuale delibera che ponga in capo ai soci un obbligo di conferimento ulteriore rispetto al capitale volontariamente sottoscritto.
Le variazioni nominali di capitale – Al pari delle società di capitali, anche nelle cooperative si possono realizzare aumenti nominali di capitale sociale. In tali casi, è l’assemblea ordinaria dei soci, tipicamente in sede di approvazione di bilancio, a deliberare a maggioranza l’incremento delle partecipazioni, con imputazione di utili o riserve divisibili, attribuzione di ristorni o rivalutazione delle quote.
Di contro, può verificarsi anche una riduzione nominale di capitale sociale nell’ipotesi di suo utilizzo per copertura delle perdite. Vale la pena sottolineare che l’assemblea ordinaria può deliberare in tal senso, purché nel rispetto del principio di gradualità, così come affermato dall’articolo 2545-ter del codice civile. Inoltre, il capitale sociale, che solo per ultimo può essere intaccato, non potrà venire a estinzione, pena l’insorgenza della già citata causa di scioglimento ex articolo 2545-duodecies del codice civile, disinnescabile attraverso una ricapitalizzazione da deliberare in assemblea straordinaria, con inevitabile estinzione del rapporto sociale per i soggetti indisponibili agli ulteriori conferimenti.