Revisore e Collegio Sindacale: relazioni pericolose

Pubblicato il: 05/03/2020 – 14:53

In questi giorni Assonime, con il Caso 3/2020, ha portato alla ribalta una ordinanza emessa dalla Sez. 1 Civile della Suprema Corte di Cassazione lo scorso 31 maggio 2019, la numero 14919/2019.
Nella succitata ordinanza gli ermellini assumono una posizione di assoluta intransigenza circa possibilità che esistano rapporti patrimoniali, lato sensu, fra Revisori e Organo di Controllo: qualora ve ne fossero, ne deriverebbe la nullità della nomina del revisore con tutto quanto ne consegue.

Fattispecie – La Suprema Corte è stata investita della questione relativa alla spettanza, o meno, del compenso a favore del revisore di una Società dichiarata fallita.
Il revisore era un professionista appartenente al medesimo Studio Professionale dal quale proveniva uno dei Sindaci della stessa.
In sede di esame delle domande di ammissione allo stato passivo, il Giudice Delegato alla procedura aveva rigettato la domanda di insinuazione sostenendo che gli stretti legami economici e patrimoniali fra il revisore ed il sindaco rendessero di fatto non indipendente il primo, in aperta violazione dell’art. 10 D.Lgs. 39/2010, con la conseguenza che la nomina era da considerarsi invalida come pure la pretesa del relativo compenso.

Analisi delle motivazioni – Di estremo interesse è la lettura delle motivazioni espresse dalla Suprema Corte, che cercheremo di riassumere per sommi capi in questo nostro contributo, dando loro quasi una forma di “decalogo”.

Il revisore deve essere indipendente rispetto al concetto di società nel suo complesso. Se è vero che l’art. 10 D.Lgs. 39/2010 esordisce prescrivendo come il revisore debba essere indipendente nei confronti della società revisionata, la Suprema Corte ricorda come l’Organo di Controllo sia parte della società, meglio ancora, faccia parte della cosiddetta governance. Esso concorre alla formazione del processo decisionale, partecipa alle assemblee dei soci ed alle adunanze dei consigli di amministrazione come pure, attraverso i controlli di legalità ad esso spettanti, incide in modo non secondario sul processo di formazione ed approvazione del bilancio. Ad ulteriore riprova dello stretto legame esistente fra l’Organo Amministrativo e l’Organo di Controllo, i giudici della Suprema Corte ricordano come amministratori e sindaci condividano le responsabilità ex art. 2407 c. 2 del Cod. Civ., al verificarsi dei presupposti.
In aggiunta, anche (e soprattutto) il processo di nomina del revisore dimostra, a parere della Suprema Corte, come non possono esservi rapporti economici fra i sindaci ed il revisore: quest’ultimo, infatti, è nominato dall’assemblea su proposta motivata dell’organo di controllo.

Il revisore deve apparire indipendente agli occhi del “terzo informato, obiettivo e ragionevole”. Questo concetto è stato ribattezzato come “indipendenza apparente” nel senso che proprio dall’assenza di qualsivoglia rapporto patrimoniale ed economico fra il revisore e la società (ivi inclusi i componenti del collegio sindacale) il “terzo informato” trae una sensazione di affidamento sulla bontà e limpidezza del lavoro svolto dal revisore e sulla indipendenza dei giudizi da questi espressi in merito al bilancio da lui revisionato.

Non esiste una indipendenza “matematicamente rilevante”. Gli ermellini ricordano come non vi sia traccia né nella normativa comunitaria né in quella nazionale di un concetto di indipendenza ancorato all’eventuale incidenza percentuale dei compensi che il revisore ritrae dalla società revisionata (ivi compresi nei confronti dei componenti del collegio sindacale) rispetto alla totalità dei propri compensi. A parere della Suprema Corte, i rapporti non devono esserci, “senza se e senza ma”.

Nullità della nomina. Pesantissima la posizione assunta dalla Cassazione. In assenza di una assoluta indipendenza fra revisore e società (nella nozione piena del termine), la nomina è da ritenersi nulla, come priva di fondamento è la pretesa del compenso (nel caso di specie).

Riflessioni finali – L’ordinanza di commento non ha trovato, per la verità, una piena condivisione da parte della dottrina, in particolare alcuni commentatori, in primis Assonime, sono portati a far derivare dalla presenza di rapporti fra revisore e componenti del collegio sindacale non tanto una nullità della nomina quanto un divieto ad esercitare l’attività di revisione sino a quando non verrà rimossa la situazione (il rapporto) che compromette l’indipendenza.

Classificare la nomina come nulla o come “emendabile” ha effetti di non poco conto sulle attività di revisione poste in essere e sul prodotto delle stesse, non ultima la relazione accompagnatoria al bilancio d’esercizio, parte integrante dello stesso e sulla base (anche) della quale l’assemblea delibera circa l’approvazione o meno del bilancio.

Ad ogni buon conto, una verifica attenta e tempestiva ai “casi di studio” è necessaria al fine di intercettare possibili nomine che, pensavamo, “al di sopra di ogni sospetto” così, se del caso, da rimuovere tempestivamente situazioni che potrebbero rivelarsi estremamente dolorose in seno ad eventuali procedure concorsuali, e non certo per la spettanze del al compenso del revisore.

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