Antiriciclaggio: da fine luglio i controlli negli studi dei professionisti

Pubblicato il: 17/07/2019 – 11:11

L’autovalutazione del rischio dello studio professionale è oggetto della regola tecnica n. 1 emanata dal CNDCEC, che individua la metodologia per la valutazione del pericolo cui sono esposti i commercialisti destinatari della normativa antiriciclaggio nell’esercizio dell’attività. In particolare, l’elaborazione tecnica rivolta all’autovalutazione del rischio dell’attività dello studio consentirà di valutare il rischio inerente all’attività professionale e l’analisi dell’adeguatezza dei presidi e degli assetti organizzativi, e conseguentemente di calcolare il rischio residuo per adottare opportune azioni per fronteggiare le criticità e per rientrare nei canoni di adeguatezza strutturale ed essere conformi agli obblighi previsti dalla legge. Ma quando il professionista deve effettuare la segnalazione di operazione sospetta?

 
E’ già ormai qualche settimana che il CNDCEC ha pubblicato le linee guida per la corretta applicazione delle regole tecniche pubblicate il 23 gennaio 2019 in materia di antiriciclaggio, disposizioni che saranno vincolanti per tutti gli iscritti e, quindi, obbligati alla predetta disciplina decorsi sei mesi dalla loro pubblicazione. Entro la fine del prossimo mese di luglio, quindi, potranno partire anche i controlli da parte dello stesso CNDCEC, in qualità di organismo di autoregolamentazione ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. n. 231/2007 per sanzionare le eventuali violazioni degli obblighi degli iscritti.

Linee guida CNDCEC

Le nuove linee guida propongono soluzioni operative, carte di lavoro, check-list ed orientamenti interpretativi che meritoriamente cercano di riempire anche il vuoto dell’assenza di puntuali indicazioni da parte delle autorità competenti sulla vigilanza in materia di antiriciclaggio, le quali non hanno mai diffuso interpretazioni ufficiali sulle modalità con cui assolvere gli adempimenti necessari.
 
Ora i commercialisti hanno indicazioni utili per poter comunque procedere all’adeguata verifica della clientela, tramite una descrizione pratica delle modalità di calcolo del rischio inerente della prestazione e di quello specifico relativo al cliente e alla prestazione richiesta, e sono stati meglio chiariti i criteri per l’identificazione del titolare effettivo e per lo svolgimento delle diverse misure di adeguata verifica (semplificata, ordinaria e rafforzata), nonché per la conservazione dei dati e delle informazioni.

Autovalutazione del rischio dell’attività dello studio

Uno degli aspetti più innovativi e, conseguentemente, anche più interessanti dell’ottimo lavoro prodotto dal CNDCEC concerne l’elaborazione tecnica rivolta all’autovalutazione del rischio dell’attività dello studio, che consentirà di poter valutare il rischio inerente alla stessa attività professionale e l’analisi dell’adeguatezza dei presidi e degli assetti organizzativi. Infatti, una volta monitorata l’eventuale vulnerabilità di detti assetti, potrà essere calcolato il rischio residuo al fine di adottare senza indugio opportune azioni per fronteggiare le criticità e per rientrare così nei canoni di adeguatezza strutturale ed essere conformi agli obblighi previsti dalla legge.
L’autovalutazione del rischio dello studio professionale è oggetto della regola tecnica n. 1, che individua, in attuazione degli artt. 15 e 16 del D.Lgs. n. 231/2007, la metodologia per la valutazione del pericolo cui sono esposti i commercialisti destinatari della normativa antiriciclaggio nell’esercizio dell’attività.
Tale autovalutazione dovrà concretizzarsi in un documento da aggiornare con cadenza triennale e che dovrà essere conservato e messo a disposizione delle autorità di vigilanza. Peraltro, nonostante la sua mancata redazione non costituisca ipotesi di violazione direttamente sanzionabile, non vi è alcun dubbio che da una eventuale non predisposizione del documento deriveranno conseguenze di un certo rilievo, sia per l’inadeguatezza del presidio manifestata da un professionista che avesse ignorato la prassi dettata dal suo stesso Ordine per adempiere ai suoi obblighi, sia in ragione del fatto che comprovando l’adozione di adeguate procedure di studio per la mitigazione dei rischi di contaminazione dal riciclaggio, in caso di contestazioni degli organi di controllo, sarà benevola anche la determinazione quantitativa delle sanzioni, ex art. 67, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 231/2007, che terrà conto delle procedure formalizzate per l’individuazione e la riduzione delle criticità.
A tal fine, occorrerà classificare (da 1 a 4 punti) il livello di rischio inerente come “non significativo”, “poco significativo”, “abbastanza significativo” e “molto significativo”, in ragione della percentuale di clienti individuati in sede di adeguata verifica come ad alto rischio, ovvero operanti in aree geografiche ritenute ad alto rischio (rispettivamente fino al 10%; dal 10 al 25%; tra il 25 e il 40%; oltre il 40%). Ed è lo stesso art. 15 del D.Lgs. n. 231/2007 ad imporre ai soggetti obbligati di tenere conto dei seguenti fattori di rischio: tipologia di clientela, area geografica di operatività, canali distributivi (nel caso specifico le modalità di esplicazione della prestazione professionale, anche tramite collaborazioni esterne, corrispondenze, ecc.) e prodotti/servizi offerti.
All’esito dei calcoli proposti dalle regole tecniche, nella stragrande maggioranza dei casi il rischio residuo risulterà non significativo (o poco significativo) ed il professionista a quel punto potrà solamente prenderne atto e limitarsi alla gestione del medesimo, semmai proseguendo con l’ordinaria mappatura e progressivamente aumentando il livello di conoscenza della normativa antiriciclaggio di tutti i componenti dello studio (titolare/i, dipendenti, collaboratori, tirocinanti). Qualora, invece, il rischio residuo risultasse abbastanza (o molto) significativo, alla elevata vulnerabilità che il presidio evidenzierà dovranno essere immediatamente opposte più incisive azioni mitigatrici del rischio, con atti che dovranno spaziare dal consolidamento immediato di approfonditi programmi formativi, fino all’irrobustimento delle procedure di adeguata verifica e di maggior vaglio nell’acquisizione informativa sulle operazioni economico-finanziarie poste in essere dai clienti e, semmai, proprio quel filtro a maglie più strette adottato sui comportamenti della propria clientela potrebbe condurre anche a qualche SOS (segnalazione di operazione sospetta) per alcuni di quei clienti che, operanti in settori di attività ed aree geografiche ad elevato rischio, oppure persone politicamente esposte, fossero risultati particolarmente opachi nei comportamenti economici o finanziari.
D’altro canto, pur non essendo irragionevole, risulterebbe poco plausibile che da uno studio professionale con clientela prevalente ad elevato rischio non provenga mai una SOS che, è bene ricordarlo, va effettuata solo quando un professionista sa, sospetta o ha motivo ragionevole di sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Pubblicato il: 2019-07-17 14:38:28

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